Pensiero di Luglio

 

Versetti del mese:

“Infatti non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede; del Giudeo prima e poi del Greco; poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com’è scritto: «Il giusto per fede vivrà» (Romani 1:16-17).

“Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore, mediante il quale abbiamo anche avuto, per la fede, l’accesso a questa grazia nella quale stiamo fermi; e ci gloriamo nella speranza della gloria di Dio; non solo, ma ci gloriamo anche nelle afflizioni, sapendo che l’afflizione produce pazienza, la pazienza esperienza, e l’esperienza speranza. Or la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato” (Romani 5:1-5).

Cari fratelli, care sorelle,
Su un totale di 21 epistole nel Nuovo Testamento ben 13 portano la firma dell’apostolo Paolo e la lettera ai Romani è senz’altro la più importante di tutte. Le lettere erano il mezzo usato dagli apostoli e da Paolo in particolare per portare chiarezza, mettere ordine e correggere problemi dottrinali e morali.
Il commentatore svizzero Godet scrisse che la Riforma Protestante è stata sicuramente il frutto dell’epistola ai Romani (e anche di quella ai Galati) e che probabilmente ogni grande rinnovamento spirituale nella chiesa sarà sempre legato, nella causa e nell’effetto, a una più profonda conoscenza di questo libro. Martin Lutero, l’autore della Riforma Protestante di cui l’anno scorso si è celebrato il 500° anniversario, scrisse che l’epistola ai Romani “è il vero capolavoro del Nuovo Testamento e il Vangelo più puro, che merita di essere non solo imparato a memoria, parola per parola, ma di essere meditato ogni giorno come il pane quotidiano dell’anima. Essa non sarà mai letta o studiata abbastanza, più la si medita e più preziosa e gustosa diventa”.
Crisostomo, uno dei primi padri della Chiesa, si faceva leggere l’epistola due volte alla settimana, e Colerdge, il poeta e filosofo inglese, affermò che l’epistola ai Romani è lo scritto più profondo che esista.
Il grande scienziato Michael Faraday si rivolse a questo libro e scoprì che conferiva la vera fede, e quando sul letto di morte un giornalista gli chiese a che cosa si aggrappasse in quel momento, rispose: “La mia fede è saldamente posta in Cristo mio Signore che è morto per me e che mi ha spianato la strada per il cielo”.
Questa epistola trasformò la vita di uno stagnino di Bedford, John Bunyan, che non era un gigante dal punto di vista spirituale e neanche un poeta, eppure scrisse un libro dal titolo “Il pellegrinaggio del cristiano”, che è la storia di un peccatore salvato per grazia, praticamente la sua storia. Ricordo di averlo letto piangendo da adolescente all’inizio della mia conversione, seduto su una sedia sull’uscio di casa mia a San Ferdinando, in provincia di Reggio Calabria. Vorrei incoraggiare ogni membro della nostra Chiesa a leggerlo! Dopo aver letto e studiato l’epistola ai Romani, John Bunyan associò il significato profondo della lettera alla sua storia personale e ne è scaturito il racconto di un pellegrino che è andato alla croce, ha visto rotolar via il peso del suo peccato e ha cominciato un nuovo viaggio verso la citta celeste.
La lettera ai Romani può essere divisa in due sezioni: la prima parte è dottrinale, i capitoli da 1 a 11, la seconda parte è pratica, capitoli 12 a 16.
Nella prima parte, l’apostolo Paolo si impegna a dimostrare che la razza umana è sotto la schiavitù del peccato e presenta il piano di salvezza, la giustificazione per fede e la santificazione per mezzo dello Spirito Santo. Nella seconda parte, contiene istruzioni ed esortazioni riguardanti i doveri del cristiano. Il cap. 12 presenta uno dei più bei condensati dei doveri del cristiano che si possano trovare nelle Scritture.
Paolo non si vergognava dell’Evangelo! E noi?
Gesù disse: “Perché se uno si sarà vergognato di me e delle mie parole in questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui quando verrà nella gloria del Padre suo con i santi angeli” (Marco 8.38).

-Giuseppe Piccolo

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